Il ritorno di Erri De Luca al liceo Tedone

Un'appassionata lezione di pace e di sogni

 

“Sono stato convocato dal ‘900, il secolo che mi ha dato i connotati. Il secolo degli operai, delle migrazioni, delle guerre, dei bombardamenti e delle morti dei civili. La mia generazione è stata la prima a non essere reclutata per combattere in guerra. Per questo ho avvertito la responsabilità di costruire la pace, operare per la pace all’indomani dei conflitti nella ex Iugoslavia e in Ucraina.” Vibrante e appassionata la lezione di Erri De Luca alle studentesse e agli studenti del Liceo Tedone. Narratore “di nodi” intergenerazionali, artigiano della parola, mirabile sceneggiatore ma, soprattutto, agitatore di diritti e di sogni, militante chisciottimista di viaggi oltre i traguardi, cavaliere errante e spatriato in mondi impossibili, Erri de Luca ha fatto dono di sé, della sua storia e della sua visione del mondo, senza lesinare, restando in ascolto di studentesse e studenti rapiti e commossi dalla sua testimonianza, esortandoli a sentire il dovere di essere felici e ad essere se stessi, rifiutando le etichette imposte dalle società, pure convenzioni anagrafiche.

Nel corso dell’incontro, curato dalla prof.ssa Rosanna Pellegrini, nell’ambito del progetto “Al Tedone con l’autore – Incontri di letteratura, cinema, teatro”, le giovani e i giovani tedoniani hanno intensamente dialogato con l’Autore sul romanzo “Le regole dello Shanghai”, una storia di mani e di gesti, in cui l’autore, procedendo per tagli e sottrazioni, riempie di senso i silenzi e il non detto e grazie ad una prosa lirica, nitida, essenziale, epigrafica scava nei personaggi, sino ad inchiodarli sulla pagina, nella loro nudità e nella loro anima per far emergere la loro complessità. Nel racconto, storia di un nodo fra due generazioni, di un est slavo che incontra la sua Napoli, città fluida e “aperta di notte”, le parole precise come orologi e il contrappunto di dialoghi e lettere restituiscono l’intima essenza di Erri De Luca costantemente teso al superamento dell’io per immergersi nella polifonia della solidarietà, nella consapevolezza che “non posso fare a meno dell’altro, non posso divenire me stesso senza l’altro” (Michail Bachtin).